La guerra vista dal basso occidente
La sera stessa
La guerra era già in atto, ma noi pensavamo ad altro. Loccidente
era in guerra ma non lo sapeva, perché la sua guerra la stava vincendo
con le armi delle monete. E adesso lorrore è che non avremo la
forza di riorientare il nostro modo di stare nel mondo, in un mondo di cui siamo
una piccola minoranza.
Mentre cadevano le torri, mentre si aspettavano altri attacchi, ogni tanto le
televisioni ci hanno parlato di soldi. Le borse europee non hanno chiuso e cè
chi ha fatto grandi affari mentre uomini e donne morivano nel fumo, nella polvere,
nel fuoco.
Quello che si dirà in questi giorni conterà davvero poco. E speriamo,
comunque, che siano solo parole. Tutti noi, cittadini delloccidente, non
dobbiamo cadere nella trappola di pensare che siamo stati vittime di un gruppo
di folli. Siamo in un intricatissimo gioco di conflitti, che cera prima
di oggi e proseguirà a partire da domani. Questo conflitto appaia le
vittime innocenti delle torri ai poveracci della Sierra Leone in cui la vita
media è di venticinque anni. Noi che stiamo in una remota provincia dellimpero
dobbiamo capire che questa indimenticabile giornata colpisce anche il nostro
stile di vita. Ce ne dovremmo ricordare ogni volta quando guardiamo i nostri
armadi colmi di vestiti, le nostre case colme di oggetti inutili, le nostre
grandi macchine. Loccidente è stato colpito interamente, in ogni
suo angolo. La polvere delle torri copre tutti noi. Siamo noi il bersaglio.
Non credo, a giudicare da quello che si vede in queste ore in televisione, che
i capi delloccidente siano maturi per capire quanto sia assurdo il loro
modo di guidare il mondo. E allora siamo chiamati noi tutti a questa faticosa
comprensione.. Dobbiamo sfuggire alla sensazione di non poter essere altro che
spettatori. Anche da qui, in ogni casa si decide qualcosa; dalle nostre scuole,
da un piccolo giornale, da un bar, da una piazza dobbiamo ritrovare un modo
di abitare il pianeta che non sia asservito al delirio del denaro e della prepotenza.
Se rinunceremo a questo sforzo di giustizia potremmo anche salvarci, ma fra
venti o trentanni i nostri figli bruceranno la loro vita contro i figli
di altri popoli. Questo mirabile e maledetto angolo delluniverso ha visto
tanto dolore, ma per la prima volta ha gli strumenti per non aggiungerne altro
a quello che già ci consegna la naturale vicenda del vivere e del morire.
Quegli strumenti sono in mano a tutti noi, anche se ci fanno credere che sono
solo loro a contare, quelli che vedremo nei prossimi giorni nel più grande
spettacolo che loccidente abbia mai consumato.
Il giorno dopo, ad Avellino
Il giorno dopo il primo che incontro
Chiede il corriere dello sport.
Sono ad avellino, europa meridionale, basso occidente.
Davanti al bar placidamente seduti
Tre amici sorseggiano un aperitivo,
Uno di loro legge il giornale su cui
C'è una grande scritta: apocalisse.
Poco prima una ragazza che non mi vedeva
Da un paio di mesi mi ha salutato
Come se non mi avesse mai visto,
Gliel'ho fatto notare e lei si è scusata,
Ma subito dopo ha espresso la sua gioia
Per la tragedia americana.
Ho detto al mio amico che era meglio andarcene
E abbiamo lasciato la fanciulla antiimperialista.
Secondo la televisione io adesso
Sto passeggiando nel mondo dei civili,
Un mondo attaccato, assediato dai barbari
Dove persone per bene e furbastri e imbroglioni
Stanno mischiati
E non sempre si ha voglia di trovare la differenza
Per il semplice motivo che qui il cuore di tutto
È l'indifferenza, essa non è solo un principio
Dissolutore di nessi fra diverse comunità o diversi
Individui, ma è divenuta una forma di legame,
Uno stemma della nostra identità.
Anche se c'è un bel sole settembrino
Stamane Avellino ha un colorito che somiglia
Al pallore del rigor mortis:
Cosa c'è di più indifferente dei morti?
Io non sono andato a Genova
E tendo a credere che se i ricchi sono tali
A danno dei poveri
Non sempre i poveri sono tali a causa dei ricchi.
Io penso anche che sono più rivoluzionari
Gli uomini che leggono rispetto ai rivoluzionari
Che non leggono. Questi ultimi hanno spezzato
Gambe, sfigurato volti, bruciato tacchi,
Camice e gonne in due immensi palazzi
E facendo questo hanno messo New York
Accanto ad Auschwitz facendo dimenticare
Hiroshima.
Stamattina l'occidente che scorre lungo il corso
Di Avellino, mi appare privo di motivazioni,
Una città in cui è suonato il requiem dell'etica
E dell'estetica, una città che non contiene
Nient'altro che se stessa e le sue automobili.
Tutte le persone che incontro
Mi sembrano persone sconfitte, gente convinta
Che qui non ci sia più nulla da trovare
E dunque non vale la pena cercare.
I migliori però sanno che non c'è niente dentro
E non c'è più niente fuori.
Tra il pensiero e le parole, tra noi e gli altri
Si è aperto un abisso.
Sono le otto di sera del giorno dopo,
Qui non brucia nulla e la città
Non riesce a vedersi nella sua indifferenza
Gelida e disperata. A quest'ora molti
Tornano nelle loro case ignari
Che adesso il compito non è di fare politica
O di cenare, ma di pensarsi,
Abbracciare la propria moglie
O un cane o un figlio
E vedersi, vedere come ci hanno ridotto
Questi ultimi cinque secoli
In cui siamo passati dalla teologia
Alla tecnologia, dalla poesia
Alla macelleria.
A Bisaccia, quattro giorni dopo
Perché non lo dite che
vi stavate
Annoiando e questa è loccasione che cercavate,
Perché non lo dite che non vi basta più neppure
Arricchirvi, la noia corrode tutto troppo in fretta
E allora volete una guerra lunga e sanguinosa,
Non la volete per vendicare i morti
Delle torri ma perché siete assetati di sangue
E il sangue è un buon rimedio alla noia.
Fate o spingete a fare quel che vi pare
Ma almeno tenetevi lontani da ogni crocifisso
E se andate a messa non scambiatevi
Il segno della pace.
Fatela questa guerra che farà più ricco
Bruno vespa e i venditori di missili
E proiettili, fatela perché siete vili
E sapete che almeno allinizio vincerete
E ve la caverete, ma poi, forse fra ventanni,
Non ci sarà più scampo.
Ero andato in piazza
Per cercare un lampo, un guizzo dindignazione
E invece mi ritrovo anche qui, nel cuore
DellIrpinia doriente, col terribile delirio
Della vendetta. E sono io a sembrare
Il delirante e devo tornare a casa
Prima che il cuore diventi schiuma
E mi esca di bocca.
E allora, prima che il fiato si dissecchi,
Prima che ogni vita sia stecchita
io vi scongiuro,
miei concittadini doccidente:
Se ancora siete umani,
non fate la guerra ai cani.
Loccidente tra i pastori
Stamattina il tg2 dice che sono tutti
daccordo, sembra che tutto il mondo
adesso debba marciare contro i pastori
afgani. Ammazzeranno le mamme
faranno saltare gli scariazzi
ammazzeranno i più poveri
quelli che non sono riusciti a fuggire
ma ci racconteranno che tutto è stato fatto
bene e in grande stile.
Ma lì lunica cosa grande
erano le statue di Buddha che i talebani
hanno già distrutto.
Forse il massacro delle capre
sarà utile alla borsa e ai giornalisti becchini
e ai sinistrati sinistranti
alzabandiera della vendetta.
E allora avanti, insieme e in fretta,
non ha alcuna importanza capire
a che delirio siamo giunti.
Amici rari,
in tutta questa baldoria di criminali
e di gendarmi,
lavoriamo perché il mondo si disarmi,
non diamo pace a chi si vanta
di questa inutile e immonda guerra santa.
Pausa di guerra
Stasera i giornalisti erano un po meno
eccitati: pare che ci voglia ancora tempo
per vedere il gran massacro, anzi
cè il rischio che venga diluito in piccole
azioni poco spettacolari.
Ma lapocalisse non può essere
subito archiviata, o declassata
alle normali porcherie che si compiono da anni.
Vedete adesso anchio non ho niente da dire,
e mi deprimo solo perché
un prete alla televisione ha dichiarato che bisogna
colpire ma con giustizia.
Laria di tragedia
è scemata, qualcuno comincia a scollarsi
dal video e a coltivare i propri vizi personali.
Almeno qui da noi ci vorrebbe che il cavaliere
venisse rapito dai talebani e messo in un ovile
senzacqua e poco pane.
La stessa sorte a Bruno Vespa e ai diessini
di destra, taciti sulle ragioni degli oppressi
perché convertiti ai fidi e agli interessi.